Matteo Lucchin, una vita tra fornelli e palloni
ROVIGO – Matteo Lucchin dalla scorsa stagione è il direttore sportivo del Cipriani Nuovo Basket Rovigo, che attualmente rappresenta la più alta categoria polesana maschile. Sino all’anno scorso, Lucchin era uno dei punti di forza in campo per poi, con l’arrivo della nuova presidenza di Gionata Morello (coinvolto proprio da Matteo e dal fratello Andrea), passare nella stanza dei bottoni. Una scelta dovuta anche agli impegni di lavoro di Lucchin, chef in uno dei più rinomati ristoranti della città.
Lei è uno dei pochi dirigenti rimasti del Nuovo Basket Rovigo nato cinque anni fa. Quanto è cambiata la società maschile rodigina?
“Radicalmente. Cinque anni fa, io e l’ex presidente Federico Novo, abbiamo iniziato questo percorso presi dalla voglia di far rinascere il basket maschile. Per questo, gli sarò sempre riconoscente. Ad oggi, però, l’organigramma societario è decisamente solido, competente e ben strutturato. Ognuno sa cosa deve fare, grazie ad una figura di riferimento determinata e precisa: il presidente Gionata Morello. Lo conosco da ormai più di vent’anni, conoscevo il suo curriculum, ma ogni giorno mi stupisce sempre di più per la passione che ci mette. Una delle cose che mi piace di più è che i dirigenti del Cipriani Rovigo sono persone che stimo prima di tutto umanamente e con cui mi piace passare anche il mio tempo libero”.
Con questa nuova dirigenza, dove crede si possa arrivare?
“Il più in alto possibile. Mai porsi limiti! Sono un sognatore per natura, ma so benissimo che dietro ad ogni sogno, ci sono sudore e dedizione. Quindi quello che dobbiamo fare è impegnarci al massimo per risollevare la pallacanestro rodigina”.
Parliamo della stagione conclusa in giugno, con il raggiungimento di Gara 3 di semifinale play off. Bilancio?
“Tracciare un bilancio in base al risultato ottenuto a fine stagione credo sia poco saggio. Quando vinci, sei bravo, quando perdi, non lo sei più. Non è così. Il lavoro ripaga sempre a lungo termine e, sia come società, che come squadra, abbiamo lavorato davvero sodo. Certo, l’amarezza del terminare una stagione lunga e faticosa ad un passo dalla serie D c’è, non lo nego. E’ una sensazione che, avendo giocato per molti anni, conosco. Ma, citando Rocky Balboa, nella vita non è importante come colpisci, l’importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti. Mi pare che il Cipriani Rovigo sia in piedi, e anche bello carico per la prossima stagione”.
Soddisfatto della politica di rafforzamento dello staff e dei giocatori?
“Non sono solo soddisfatto, ma orgoglioso. Il presidente è un martello! Almeno così distribuisce le martellate. Scherzi a parte, l’ampliamento di uno staff tecnico competente è fondamentale per la crescita della squadra. Per quanto riguarda i giocatori, la più grande soddisfazione è vedere tutte le conferme ricevute anche non essendo stati ripescati in serie D. Questo mi riempie il cuore, perché amano la maglia e ci dimostrano fiducia. Un’altra cosa che mi affascina è l’aggiunta di ragazzi che fino all’anno scorso erano rivali sul campo. Questo è motivo di orgoglio perché significa che il nostro progetto desta interesse”.
Lei, da giocatore, ha partecipato ad importanti campionati giovanili nazionali, raggiungendo traguardi unici per il basket polesano. Qual è la ricetta per tornare a respirare quella pallacanestro giovanile?
“Questo è un argomento talmente bello e, allo stesso tempo, complicato che rispondere in poche righe diventa impossibile. Così di getto penso serva puntare sulla qualità degli allenatori, su una dirigenza con un’ esperienza che non si limiti al territoriale, ma che abbia vissuto a più ampio respiro la pallacanestro, e a tornare ad inculcare l’etica del sacrificio nei giovani atleti. Non esistono scorciatoie.
Fare i campionati giovanili nazionali è una delle più belle esperienze che un giocatore possa vivere. Se penso alle emozioni che ho vissuto affrontando Reyer Venezia, Benetton Treviso, Muller Verona, Fortitudo Bologna e via dicendo, mi vengono i brividi. Avrei mille storie da raccontare a riguardo. Ho avuto anche la fortuna di aver potuto seguire mio fratello (Andrea, attuale direttore tecnico del Cipriani, ndr) nei suoi anni a Ferrara dove anche lui ha disputato campionati giovanili nazionali di altissimo livello. Ad oggi la situazione giovanile maschile rodigina è parecchio lontana da uno standard qualitativo minimo per potervici partecipare, ma questo è il motivo che deve spingere tutti gli addetti ai lavori a fare di più”.
Prima di diventare direttore sportivo del Nuovo Basket Rovigo, lei è stato importante giocatore delle Pantere. E’ stato difficile il cambio di ruolo?
“E’ stato, ed è tuttora, difficile pensare di non giocare. Credo che sia una di quelle cose con cui si conviva pur non accettandola. Il cambio di ruolo è invece avvenuto naturalmente. Si tratta di investire il mio tempo nello sport che amo. Prima lo facevo in campo, ora da dirigente. La benzina che mi alimenta sono senza dubbio le persone per cui mi impegno. I ragazzi della prima squadra per me sono come fratelli ed è stato un onore poter vivere gli ultimi anni della mia carriera di giocatore con persone così meravigliose”.
Da dirigente, quali sono state le maggiori difficoltà incontrate all’esterno del Nuovo Basket Rovigo?
“Magari risulterò poco simpatico ma è una cosa che ho sempre pensato. Detta fuori dai denti, la mentalità provinciale che purtroppo abbiamo qui a Rovigo. Qui mi ricollego anche alla domanda sul basket giovanile. Facciamo la guerra dei poveri. Invece di unire tutti le forze, miriamo a distruggerci in un perverso gioco fratricida. E quello che mi amareggia di più è che poi, appena ci confrontiamo con realtà più preparate, veniamo massacrati. Mi ha sempre fatto arrabbiare questa cosa, ma se ricadiamo sempre negli stessi errori, evidentemente ce lo meritiamo. Bisogna cambiare questo trend. Andare al di là delle antipatie o degli attriti personali per il bene dei giovani cestisti. Dobbiamo fare Sport, non politica”.
C.S.