Intervista a Mirco Visentin
FRASSINELLE (Rovigo) – La stagione sportiva è ormai finita da qualche giorno. Oggi intervistiamo Mirco Visentin, allenatore insieme a Giuseppe Mortella dell’Under 14 del Rugby Frassinelle, che nel corso di quest’anno ha dato molte soddisfazioni a tutti i simpatizzanti della squadra gialloblù. La sua carriera come giocatore non ha bisogno di presentazioni, con 264 presenze nel massimo campionato italiano (tutte con la maglia del Rovigo) e il contributo a due degli scudetti maggiormente impressi nella memoria collettiva come quello del 1987 e del ’90.
Mirco, dopo molti anni a Rovigo come allenatore di varie categorie giovanili, sei approdato al Frassinelle Rugby e questo è il tuo terzo anno da coach. Come ti stai trovando in questa società e come giudichi la tua esperienza?”
“Dopo tanti anni a Rovigo e in altre piazze, avevo voglia di ritrovare un ambiente che avesse lo stesso spirito di quando giocavo io da ragazzo. Ovvero una società dove la cosa più importante non sia solo vincere un torneo o una partita, ma far crescere i ragazzi divertendosi e in serenità, dove il terzo tempo conta come i due di gioco se non di più. Conoscendo molto bene la realtà di Frassinelle, dove si sono sempre anteposti i valori ai risultati, non avevo dubbi che mi sarei trovato bene”.
Attualmente insieme a Giuseppe Mortella stai seguendo l’U14, e di fatto molti di questi ragazzi li stai allenando da tre anni, avendoli presi in U12. Come lo vedi questo gruppo? E come è lavorare con dei ragazzi adolescenti?
“Personalmente credo che lavorare nella fascia di età dai 12 ai 16 sia per me la più stimolante. Si arriva dal minirugby con un bagaglio di conoscenze limitato, e questi sono gli anni decisivi dove si deve lavorare molto per accrescere sia le competenze individuali che l’organizzazione di squadra. L’educatore comincia a diventare un vero e proprio allenatore e ha un’influenza notevole nella crescita del gruppo. Nello specifico, quando ho iniziato a lavorare con questi ragazzi tre anni fa, ho cercato di testarne subito le capacità e visto che avevano una buona base ho iniziato un lavoro di organizzazione di squadra che di solito si fa più avanti. E’ il vantaggio di lavorare in una società che fa un lavoro integrato fin dall’Under 6 e dove tutti i coach sono impegnati in un processo di crescita comune sui ragazzi. Lavorare con adolescenti è altrettanto stimolante; ovviamente devi sapere come farti rispettare fissando subito regole chiare. Nella mia squadra tutti hanno una gran voglia di imparare e di giocare e mettono in campo un impegno tale che a volte mi è perfino difficile fare la squadra che gioca la domenica e comunque meritano sempre di giocare tutti”.
La stagione sportiva si è ormai conclusa. E’ stata un’annata intensa, con tre gironi a livello regionale, la partecipazione ai prestigiosi tornei a Parma e Treviso e poi la stagione del rugby a 7. Che anno è stato per l’under 14?
“La stagione è stata ricca di successi sul piano sportivo. Abbiamo dominato i primi due gironi e fatto una buona figura sia a Parma che a Treviso, migliorando i piazzamenti dello scorso anno. Solo nel terzo girone siamo arrivati abbastanza provati e ne è uscito qualche risultato mento brillante. Sorprendente l’affermazione a Badia nel torneo Seven in finale contro i padroni di casa del Badia. Tuttavia, a me il risultato sportivo interessa fino a un certo punto. Il successo migliore che possiamo testimoniare è quello di avere dei ragazzi che magari qualche anno fa faticavano a prendere una palla al volo o temevano un impatto di gioco e ora invece migliorano partita dopo partita, sia nello stare in campo a servizio del compagno che nel gioco individuale, migliorando le proprie competenze. Inoltre, questa squadra ha due altri grossi vantaggi. Il piacere di stare insieme e i genitori. Nel primo caso che si sia vinto di 50 punti o perso di 50, oppure che ci sia neve, pioggia, fango, la settimana dopo all’allenamento non manca quasi nessuno, tutti con la voglia di giocare insieme. Infine, i genitori. Raramente, per non dire mai, ho trovato persone così disponibili e d’aiuto. Sono bravi e organizzati, si dividono i compiti, lavano le maglie, preparano e aiutano nel terzo tempo, fanno le riprese video che ci servono per migliorare l’efficacia del gioco, i guardialinee, gli accompagnatori, organizzano le trasferte, incoraggiano la loro squadra senza mai denigrare l’avversario. Un vero modello per i figli”.
Uno dei tuoi ragazzi, Matteo Ferrari, è stato convocato con la rappresentativa regionale dei Dogi U14 che a Roma ha vinto il prestigioso trofeo Caligiuri riservato alle rappresentative delle federazioni regionali. Inoltre, diversi altri sono stati convocati sempre a livello regionale sia per il rugby a 13 che a 7. Come allenatore cosa si prova quando un ragazzo che hai visto crescere comincia a cogliere dei traguardi importanti? E quale è stata la tua più grande soddisfazione come allenatore?
“Da questo punto di vista mi definisco molto fortunato. Nella mia carriera ho visto la crescita progressiva di tanti giocatori, partiti da bambini e arrivati alle prime squadre e addirittura alle nazionali, non farò nomi perché me ne dimenticherei troppi. Come dico sempre alla squadra quando viene premiato qualcuno a livello individuale, quel singolo risultato è stato frutto del lavoro di tutti. Senza i due minuti giocati da chi viene dalla panchina, o senza il sacrificio di un compagno che ti passa la palla o fa un placcaggio fondamentale, magari tu non riuscivi a fare quella meta o quell’azione decisiva. Per me premi e convocazioni sono la dimostrazione che stiamo lavorando bene tutti quanti e stiamo andando nella giusta direzione. Questa è la mia soddisfazione più grande. Detto questo non posso che complimentarmi con Matteo che ha fatto una grande stagione nonostante qualche infortunio che lo ha costretto ai box per diverso tempo”.
Le varie Under sono seguite da uno staff. Come vi dividete i lavori? Che tipo di preparazione fate? Come vi coordinate?
“Per noi a Frassinelle la divisione dei compiti e il coordinamento tra i vari preparatori è basilare. Io mi occupo di tattica e organizzazione di gioco insieme a Mortella, il quale si alterna con me nei giorni di allenamento. Abbiamo poi il preparatore atletico Francesco Cominato che svolge un lavoro specifico sulla preparazione fisica, l’elasticità muscolare, la resistenza, lo scatto. Da quest’anno per lo sviluppo delle skills come passaggio e calci ci siamo avvalsi del prezioso contributo di un mio vecchio compagno di squadra, Graziano Ravanelli, che ha dato un notevole contributo ai miglioramenti individuali di cui parlavo. Come coordinatore delle attività di tutte le Under vi è poi Denis Zanconato, con il quale facciamo spesso riunione tecniche insieme ai coach delle altre Under”.
Se un ragazzo, magari proveniente da altre discipline sportive, avesse voglia di iniziare a questa età ma magari avesse delle perplessità, che consigli gli daresti?
“Di provare, di mettersi in gioco, di non avere nessuna paura. Giocare bene a rugby richiede anni di impegno e preparazione, ma anche uno alle prime armi può dare il suo contributo e noi allenatori sappiamo come inserirlo poco a poco nel gioco. Chi pensa che il rugby sia solo uno scontro tra giocatori non ne conosce la vera essenza. Quindi per me non c’è mai un’età limite. Servono solo pazienza, impegno e dedizione”.
Anche se non ti riguarda direttamente, come giudichi il progetto della Franchigia Polesine, che vede la collaborazione tra Badia Polesine e Frassinelle nelle Under 16 e 18?
“È un’operazione molto intelligente, resa possibile dall’amicizia e fiducia reciproca dei tecnici che sono nelle due società, che si conoscono da anni e hanno lavorato insieme. Oggi uno dei miei problemi principali è quello di avere relativamente pochi giocatori e questo mi porta spesso a non poter fare lavori specifici in certi ambiti tecnici o a non poter forzare certe situazioni di allenamento per il timore di infortuni. Con la Franchigia ci sarà la possibilità di lavorare su almeno 30 ragazzi, due per ruolo e la maglia da titolare andrà conquistata con le unghie e con i denti, non ci saranno più titolari inamovibili certi di giocare tutte le partite. Nella mia esperienza di giocatore negli anni di Rovigo, questo aspetto è stato quello che mi ha fatto crescere di più. Nessun allenatore ha mai tirato fuori il meglio da me come il compagno che si impegnava per soffiarmi il posto. Quindi ben venga la Franchigia e mi auguro presto che possa diventare un modello anche per altre società, senza campanilismi e gelosie”.
Infine, Mirco, un’ultima domanda di rito. Hai già scelto cosa fare nel prossimo anno?
“Certo che si, mi siederò ancora sulla panchina dell’Under 14, dove porterò avanti il lavoro con i ragazzi dell’attuale primo anno e accoglierò quanti provengono dall’Under 12 dei miei amici Piero Tellarini e Diego Salvan”.
C.S.